Il tuo carrello è attualmente vuoto!
Agroecologia e questione umana
La convergenza agroecologica e la questione urbana: spunti per nuove strategie di movimento (Chiara Tornaghi, Rivista Contadina, Numero 1)
Questo contributo è guidato da una domanda: se l’agroecologia non è solo una pratica di coltivazione, ma un modo di vita, come possiamo articolare un movimento agroecologico per la trasformazione dei modi di vita dominanti e verso quali politiche dobbiamo lavorare?
Per tanto tempo vi è stato un vuoto nello spazio che intercorre tra, da una parte, i movimenti agroecologici contadini, tradizionalmente focalizzati su questioni di produzione e di accesso alla terra e ai mercati urbani, e dall’altro i movimenti urbani focalizzati su questioni quali l’insicurezza e la povertà alimentare, le politiche per i sistemi alimentari sostenibili, lo spreco alimentare e più in generale questioni legate al consumo.
Pur con certe differenze nei diversi contesti nazionali, questi due spazi e movimenti si sono largamente ignorati: rispettivamente si sono arroccati su posizioni che hanno accettato una visione del rurale come luogo della produzione e dell’urbano come luogo del consumo. Anzi, spesso accusandosi l’un l’altro di essere parte del problema: le città come il problema per lo spopolamento della campagna, l’uso insostenibile delle risorse naturali e lo sfruttamento del lavoro contadino; il mondo rurale come retrogrado, incapace di diventare competitivo, attaccato a visioni romanticizzate della natura. Questa divisione è evidente anche nel modo in cui sono organizzate le politiche locali, nazionali e internazionali.
Lavorare tra questi due poli significa: 1) trasformare le dinamiche attaverso le quali i movimenti urbani e rurali si interfacciano e le strategie comuni che possono sviluppare; 2) fare spazio, nelle politiche urbane, per le voci del movimento agroecologico; 3) stimolare il modo in cui il movimento contadino agroecologico concepisce se stesso in un mondo che si è urbanizzato e costruire una nuova soggettività collettiva. Il movimento agroecologico non può prescindere dal mettere a fuoco la questione dell’urbanesimo come modo di vita. In un mondo che continua a urbanizzarsi (a distruggere terra agricola, svalorizzare la cura delle risorse naturali, ecc.) e in cui non dover coltivare o cucinare sono visti come segni di emancipazione, il problema centrale è la difficoltà di adottare l’agroecologia come modo di vita, non solo per chi produce, ma anche per chi consuma.
Nonostante la città sia vista come l’antitesi dell’agroecologia, essa non è abitata solo da nemici. La precarietà dei contadini ha il proprio parallelo nella marginalizzazione dei ceti più precarizzati nel mercato del lavoro, nella esclusione sociale dei migranti (magari ex-contadini espulsi dalle loro terre) o di coloro che cercano di emanciparsi da molte forme di oppressione, etnica, patriarcale, eterosessuale, capitalistica. Che tipi di solidarietà si possono costruire con coloro che sono precari, marginalizzati o costantemente afflitti da insicurezza alimentare?
D’altra parte, bisogna riconoscere che la maggior parte dei membri dei nuovi movimenti agroecologici sono cittadini, che spesso vogliono avere un piede in città e un piede in campagna, conciliando il desiderio di vita urbana con quello di un ritorno alla terra. È quindi necessario anche ripensare al modo con cui si è disinvestito nei territori non urbani/periferici e rurali.
Uscire dalla polarizzazione tra consumatori e produttori e fare un salto nel mezzo significa ripensare sia l’identità e gli spazi politici dell’agroecologia, sia il mondo urbano.
Con il concetto di urbanesimo agroecologico si propone quindi un modo di re-immaginare gli stili di vita urbani e le politiche sociali e territoriali, a partire dalla valorizzazione del lavoro contadino e del suo ruolo nel prendersi cura della terra. Con il gruppo di ricerca dell’Università di Coventry, nel Regno Unito, abbiamo identificato per questo otto aree di lavoro, di riarticolazione delle relazioni tra contadini e il resto della società, che devono essere declinate in contesti socio-politici ed ecologici specifici.
Per illustrare alcune questioni chiave del rapporto tra agricoltura, politiche urbane e movimento, nonché casi concreti di cui vediamo in azione queste otto aree di riarticolazione sociale, propongo tre serie di esempi trasversali, che emergono da casi specifici che ho esplorato attraverso la ricerca in Europa e in America Latina.
Una prima serie di esempi riguarda l’accesso alla terra in aree urbane. In particolare, due casi istruttivi riguardano rispettivamente le città di Ghent, in Belgio, e Hull in Gran Bretagna. A Ghent, una coalizione di agricoltori ha fatto causa al governo locale per aver venduto terreni agricoli pubblici a speculatori urbani, invece di averli offerti in primo luogo ai contadini, vincendo poi la causa, anche grazie alla mobilitazione e all’alleanza con movimenti urbani. In Gran Bretagna il movimento per il diritto a coltivare terreni pubblici ha ottenuto qualche progresso; Hull è la prima città che ha deliberato in questo senso, anche in questo caso in seguito a una alleanza con movimenti urbani per la terra, la povertà alimentare e l’“economia fondamentale”. Questi esempi mostrano la necessità di pensare assieme il movimento per il diritto a coltivare e le politiche di urbanizzazione, le politiche abitative e le politiche agricole.
Una seconda serie di esempi riguarda l’agroecologia come politica pubblica, in un contesto in cui i movimenti contadini sono quasi sempre assenti dai tavoli strategici di costruzione delle politiche alimentari locali e, in generale, non tengono conto dell’urbano come terreno di contestazione e opportunità. Due esempi qui sono la città di Rosario, in Argentina, dove alcuni attivisti, a partire dalla crisi del 2002, hanno sviluppato diverse strategie per utilizzare le risorse municipali, arrivando a creare politiche pionieristiche per la conversione agroecologica (banca dei semi municipale, centro di sperimentazione ed educazione agroecologica, accesso alla terra per piccoli produttori, agevolazioni fiscali nell’accesso ai mercati agricoli urbani, produzione di fertilizzanti naturali, accesso ai rifiuti organici urbani per la fertilizzazione dei terreni marginali) in cui ruolo centrale hanno avuto gli agronomi municipali come “social workers”; e la Rete delle municipalità per l’agroecologia in Spagna, che ha offerto assistenza tecnica ai municipi, in conversazione con i movimenti e con le istanze contadine.
Una terza serie di esempi riguarda le cucine di comunità definite “terriere” (in inglese sono chiamate landed community kitchen), per sottolineare la loro interconnessione coi produttori agroecologici e la differenza dalle cucine che offrono surplus alimentari provenienti dalla grande distribuzione. In un contesto in cui la povertà alimentare urbana è in aumento e il diritto al cibo è guidato spesso solo da principi di “carità”, queste cucine rappresentano mattoni di un urbanesimo agroecologico, in cui il cibo è sempre implicato in relazioni di reciprocità sociali ed ecologiche in cui l’equità e la cura sono principi chiave. Esse hanno radici nei movimenti per l’agroecologia europei (ad esempio a Bruxelles e a Londra) e latinoamericani (come l’MST in Brasile) e operano con diversi modelli economici di solidarietà coi consumatori, per rendere accessibIle a tutti il cibo agroecologico, con qualche contributo indiretto e saltuario delle politiche pubbliche nel finanziare infrastrutture, facilitatori o piccoli produttori. Le landed community kitchen sono officine politiche anticoloniali, antipatriarcali e antiomofobiche, incubatori di agroecologia e di trasformazione del sistema sociale relazionale più ampio.
La sfida principale nel costruire un urbanesimo agroecologico consiste nella capacità di dare forma a solidarietà e alleanze intersezionali per la costruzione di convergenze e percorsi comuni. Riconoscere che la separazione urbano/rurale e umanità/natura rappresenta la vittoria più duratura del progetto capitalista-modernista dovrebbe essere il primo passo verso l’articolazione di alleanze strategiche.
Risorse e approfondimenti:
Chi volesse mettersi in rete per la costruzione di cucine comunitarie “terriere” agroecologiche, o per approfondimenti sul concetto e LW pratiche per un urbanesimo agroecologico può contattarmi all’indirizzo: chiara.tornaghi@gmail.com.
Per saperne di più: www.urbanfoodjustice.org
Risorse da condividere: https://www.agroecologicalurbanism.org
[Questo articolo è la trascrizione – rivista dall’autrice – dell’intervento tenuto nella sessione plenaria iniziale di Cambiare il campo! Conferenza contadina per la Convergenza Agroecologica e Sociale, tenutasi a Roma l’1-2-3 marzo 2024]